Nem
Niente resta un segreto per sempre.
Rimasi lì, coperta di sangue, di fronte a quattro uomini a cui ero irrimediabilmente legata, che adesso sapevano l’entità delle mie bugie. Qualcosa per cui avrebbero potuto uccidermi.
Il corpo di Carlos riposava ancora sul pavimento dietro di me e avrei sparato a Rune – soprattutto perché era il bersaglio più grande – se non avessi finito le munizioni.
Il che era uno dei motivi per cui non potevo biasimarli se mi fissavano con rabbia.
“Kelsey?” chiese Dane, come se non credesse ai propri occhi. Il suo sguardo non si staccò neanche per un attimo dal mio. Stava cercando di vedere dentro di esso la ragazza che ero stata? Stava cercando di capire se ero davvero la stessa persona?
Buona fortuna. Quella ragazza è morta dieci anni fa.
Annuii, abbassando il braccio dato che la pistola era pesante e inutile in quel momento.
“Com’è possibile?”
“Sono abbastanza sicura che puoi capirlo da solo.” Arrischiai un'occhiata in direzione dei quattro uomini, non per incontrare i loro occhi ma per cercare una reazione da ciascuno di loro. Per lo più, erano scioccati, come se stessero rivivendo tutto quello che era successo tra di noi per venire a patti con l'idea che non ero la persona che lavorava per loro, bensì qualcuno che conoscevano già.
Colton fece un passo verso di me e io ne feci uno indietro.
Si bloccò, la sua espressione si indurì. Peccato. Solo un idiota si sarebbe fidato di loro, soprattutto in quel momento. Avevano tutte le ragioni per uccidermi, anche se ancora non l'avevano fatto.
Tuttavia, non cercò di rassicurarmi. Invece, si guardò intorno nella stanza, scivolando nella familiare modalità “lavoro”. Dopo un secondo, annuì. “Abbiamo del lavoro da fare. Ci sono cinque corpi al piano di sotto, uno qui. C'è troppo sangue e non abbiamo abbastanza tempo per pulirlo bene. Lasceremo che sembri esattamente l’assalto che è stato, assicurandoci solo che nessuno sappia chi è l’artefice. Elimineremo ogni prova.”
“Non ce ne sono,” scattai.
Colton mi rivolse uno sguardo tagliente, uno che mi ricordò il motivo per cui mi ero tirata indietro poco prima. Quell'uomo era terrificante quando era calmo e pacato. “Cosa mi dici dell'impronta di sangue sulla ringhiera? Quella ha lasciato una bella serie di impronte digitali. E il filmato?”
“Non ci sono filmati. Mi sono assicurata di eliminare ogni fonte di alimentazione prima di mettermi di fronte a qualsiasi telecamera.”
“In questa casa, certo. Non hai notato che la telecamera dei vicini è rivolta vero il loro camper e dà anche una bella occhiata alla porta d'ingresso di questo edificio. Inoltre, ti sei presa la briga di controllare se la casa avesse un generatore d’emergenza per eventualità come questa? È stato un lavoro sciatto, Kelsey, qualunque cosa tu voglia dire.”
Le critiche erano difficili da sopportare, ma niente in confronto al dolore che provai nel sentirlo pronunciare il mio nome. Mi strappò il respiro dai polmoni, minacciando di farmi tornare ad essere la ragazza del passato, quella alla quale avevano rubato tutto.
“Posso aiutare,” dissi, invece di cercare di litigare con lui. Perché aveva ragione: ero stata distratta. Ero stata impulsiva e sciocca, e avevo ancora troppo alcol nel mio organismo per fingere di essere nelle migliori condizioni.
“Neanche per scherzo.” Colton guardò Bray, che ancora non aveva detto una parola. “Riportala a casa con Dane. Rune e io ripuliremo questo pasticcio.”
Per un attimo fui invasa dalla speranza all'idea di stare un momento da sola, di trovare un modo per far tornare tutto com’era, prima che mandassi all'aria l'intero piano.
Quella speranza ebbe vita breve, però, dato che Colton riportò il suo sguardo affilato su di me. “E quando torneremo? Faremo una bella chiacchierata, Nem.”
Avevo la sensazione che non mi sarebbe affatto piaciuto quello di cui avremmo parlato…
* * * *
Dane
C’erano momenti in cui alla vita piaceva davvero prendere un uomo a calci nelle palle. Ne avevo sperimentati molti, quando le cose si mettevano così male da strangolarmi.
E quello era sicuramente uno di essi.
Presi posto sul sedile posteriore dell'auto accanto a Nem, accanto a Kelsey, senza riuscire a connettere del tutto il cervello. Io, che non stavo mai zitto, non riuscivo a trovare una sola cosa da dire.
Ora che lo sapevo, mi chiedevo come avessi fatto a non accorgermene. Come potevo non averlo capito prima?
Lo stesso naso, anche lo stesso sorriso compiaciuto quando non voleva ridere ma non poteva farne a meno, gli stessi dannati occhi.
Certo, era cresciuta. L'ultima volta che l'avevo vista, quella mattina prima che tutto venisse distrutto, aveva diciassette anni, quell'età in cui i ragazzi pensano di essere adulti e sono fin troppo desiderosi di dimostrarlo. Il suo corpo aveva iniziato a riempirsi un po', a perdere parte di quella magrezza che le ragazze devono affrontare quando diventano più alte ma non hanno ancora abbastanza carne sulle ossa.
L’immagine di Nem nuda mi colpì, un ricordo di quanto mi piacessero quelle curve.
Come poteva essere lei, però?
Tornai con la mente a dieci anni prima, alla notte che non avrei mai voluto ricordare, aiutato dal modo in cui i lampioni baluginavano all'interno del SUV mentre li superavamo…
Non riuscivo a respirare, non riuscivo a pensare, non potevo fare niente oltre a mettere un piede davanti all'altro. Ricevere quelle stesse notizie quando potevo fare qualcosa era un conto. L'adrenalina rende le persone capaci di compiere azioni impensabili in qualsiasi altro momento.
Se avessi ricevuto quella notizia mentre ero in città, sarei arrivato a casa in dieci minuti, per correre io stesso tra le maledette fiamme, incurante che continuassero a ruggire. Sarei felicemente bruciato vivo in quella casa se avesse significato salvare Caroline o Kelsey.
Invece, c’erano volute tre ore per tornare indietro, e quando eravamo arrivati?
Era tutto finito.
Il fuoco era stato spento, la casa nient'altro che resti carbonizzati, travi annerite e fuliggine.
Caroline era morta. Kyler aveva chiamato e ci aveva detto tutto. Il viaggio di ritorno era stato una tortura intollerabile, dato che non avevamo voluto dire niente a Kenz. Lo avrebbe fatto Kyler: non spettava a noi dirle quello che era accaduto alla sua famiglia.
Dopo averla accompagnata da Kyler, ci eravamo diretti alle macerie. Come mai? Per uno stupido e sentimentale desiderio di vegliare su ciò che avevamo perso.
Kelsey…
Per quanto la morte di Caroline ci avesse feriti, non era niente in confronto a Kelsey. Era stata troppo giovane, troppo dolce per fare quella fine. Era come se un pezzo di me fosse rimasto in quella casa, qualcosa che era bruciato insieme a lei.
Ricordavo quando aveva provato a baciarmi poche settimane prima, il suo giovane desiderio, le stupide idee romantiche, e soprattutto come l'avevo respinta. Non è che non l'avessi voluta…
Cazzo, la volevo.
Ma lei era troppo importante per lasciare che accadesse. Non sapeva cosa voleva, era troppo giovane per averne davvero idea, e non avevo intenzione di alimentare la sua innocente infatuazione.
Kelsey aveva una vita davanti a sé, aveva una famiglia, una casa. Non avrebbe ricevuto niente di tutto ciò se avesse perseguito l'idea di una storia d'amore con me, con i miei fratelli.
Eppure, mentre fissavo la cenere e le macerie, non era solo la sua perdita a farmi male. Era anche la consapevolezza che adesso non avrei mai avuto la possibilità di amarla come meritava.
Un pensiero che avevo tenuto sotto chiave per la maggior parte del tempo, tranne che per i brevi momenti in cui gli permettevo di riempirmi la mente, di solito la notte appena prima di addormentarmi, quando pensavo… e se? E se fosse cresciuta un po’, avesse vissuto di più la sua vita, e poi…
Ma non aveva più alcuna importanza, vero?
Era morta. Morta perché qualcuno l'aveva presa di mira per vendicarsi di Kyler, morta perché qualcuno era stato un codardo e aveva ucciso una bambina disarmata.
Seguii Bray tra le macerie, poi in giardino. Non avevo bisogno di chiedergli cosa stava cercando.
Bray era silenzioso, ma nutriva la speranza che il resto di noi aveva perso molto tempo prima. “Sapeva dov'era la nicchia.”
“La nicchia è stata ridotta in cenere,” gli ricordai. Era stata creata per nascondere una persona, non per proteggerla dalle fiamme.
Anche se Kelsey fosse arrivata fin lì, sarebbe rimasta intrappolata dentro mentre bruciava. Era un pensiero ben peggiore della possibilità che fosse morta per colpa dei proiettili.
Tuttavia, gli permisi di mantenere la speranza. Sarebbe stata distrutta comunque nel giro di poco tempo.
Nel cortile, l'erba annerita ricopriva ogni cosa. Osservai il dondolo sul patio: i cuscini bruciati, il metallo che sembrava uno scheletro. Ricordavo come Kelsey sedesse lì la mattina, a guardare il cielo mentre sorgeva il sole. Mi svegliavo presto, quindi di solito le facevo compagnia.
Non parlavamo molto, era una delle poche volte in cui potevo semplicemente tacere, dove potevo riposare. Era stata troppo per me, per tutti noi, per l'intero mondo del cazzo in cui vivevamo. Lei mi aveva donato un senso di calma che non avevo mai trovato in nessun altro luogo.
Distolsi lo sguardo dal dondolo, cercando di seppellire il dolore, cercando di afferrare la sofferenza che mi stava attraversando e spingerla in fondo alla mia mente prima che mi consumasse.
Sulla parete in fondo alla stanza, dove un tempo c’era stata la porta che conduceva alla nicchia, c'era… niente. Il fuoco l'aveva divorata, senza lasciare alcuna prova che ci fosse stato un nascondiglio.
Bray cadde in ginocchio, posando la mano su ciò che restava del pavimento, le dita affondate nella cenere che copriva ogni cosa. Chinò la testa in avanti, gli occhi chiusi.
Provavo la stessa cosa, lo stesso dolore, ma gli impedii di prendere il sopravvento.
Invece, mi voltai e trovai Colton che si avvicinava, con Rune alle calcagna, le loro espressioni identiche.
“Trovato qualcosa?” chiesi, anche se sapevo già la risposta. Cosa stavo sperando? Che Colton mi dicesse che in realtà non era successo niente? Che si trattava solo di un grosso errore?
Colton scosse la testa, un rapido sussulto che grondava rabbia. “Era Cantor Lorris.”
“Sei sicuro?”
“Kyler mi ha dato il nome. Il corpo che hanno trovato nella parte anteriore della casa, appartiene al braccio destro di Cantor. Sembra che gli abbiano sparato mentre cercava di entrare. Immagino che la sicurezza abbia cercato di impedire l’attacco.”
Lottai con me stesso per capirlo, per crederci. Avevo fatto delle cazzate orribili nella mia vita, tutte in nome del dovere, del potere o della lealtà, ma non avevo mai massacrato degli innocenti.
Coniugi e figli erano off limits: sempre.
Naturalmente, era sciocco aspettarsi che anche gli altri vivessero secondo le mie regole. La realtà era che le persone nel nostro mondo non avevano i nostri stessi principi, e quella ne era un'ulteriore prova.
“Perché uccidere loro e non Kyler?” domandai.
“Kyler ha ricevuto un messaggio da Caroline questa mattina, dopo che ce ne siamo andati, dicendo che Kelsey non si sentiva bene e chiedendogli di tornare a casa.”
Aggrottai le sopracciglia. “Caroline non lo farebbe mai…” Caroline era stata dura e indipendente. Non avrebbe chiesto aiuto per qualcosa di tanto banale, e di sicuro non avrebbe obbligato Kyler a tornare a casa.
“Esatto. Immagino che abbiano fatto irruzione intorno alle nove del mattino e abbiano preso il cellulare di Caroline, per inviare quel messaggio. Probabilmente speravano che Kyler tornasse velocemente a casa per attaccare anche lui: eliminare l'intera famiglia in un colpo solo. Diavolo, scommetto che pensavano che ci fosse anche Kenz.”
“E quando Kyler senza dubbio ha risposto che era impegnato, hanno deciso di agire comunque,” aggiunsi.
“A quanto pare, essere uno stronzo egoista ha salvato di nuovo il culo a Kyler.” Rune non guardò nessuno di noi, la sua voce era piena di rabbia e odio, come se stesse cercando qualcosa, o qualcuno, su cui sfogare tutta quell'aggressività.
“Quindi, cosa succede ora?” domandai, anche se sapevamo tutti la risposta. Il nostro compito era quello di prenderci cura di Caroline e Kelsey, di proteggerle, e avevamo fallito. Non eravamo stati capaci di evitare tutto quello, non eravamo stati in grado di impedirlo, e ora due delle uniche persone al mondo che contavano per noi, erano morte.
A rispondere fu Colton, con un'oscurità nella voce che mi ricordò quanto fosse pericoloso quell'uomo. Il resto di noi era capace di uccidere, se necessario. Ma Colton si divertiva a farlo. “Non siamo riusciti a salvarle, ma faremo in modo che le persone che le hanno uccide soffrano.”
E quello era un piano che appoggiavo totalmente…
Nem girò la testa, guardandomi con i suoi occhi così familiari e riportandomi al presente.
Tutto quel dolore, tutta quella paura, tutto quel senso di colpa che mi ero portato dietro per anni… e lei non era mai morta. Dov'era stata? Perché non ci aveva detto che stava bene?
Volevo avvolgerle la mano intorno al collo e pretendere delle risposte, costringerla a farmi entrare nella sua testa e capire in cosa si era cacciata. Dove era stata per dieci fottuti anni? Cosa aveva fatto? Chi altro sapeva la verità?
Sapevo che non era il modo giusto di agire, però. Era ancora più testarda di prima, e non era ancora il momento.
Così mi misi comodo, distogliendo lo sguardo da lei anche se era l'ultima cosa che volevo fare. Una parte del mio cervello urlava di non distogliere lo sguardo, di fissarla, di memorizzare ogni dettaglio. Volevo spogliarla, ora che sapevo la verità, e baciare ogni lentiggine sul suo corpo, morderla, assaporarla e crogiolarmi nel piacere di riaverla vicina.
Ci sarebbe stato tempo anche per quello, però. La realtà era che, nonostante adesso sapessimo la sua vera identità, non avevamo molte risposte. Anzi, avevamo solo più domande, più incertezze.
Nem era una bomba, e se mi fossi avvicinato troppo avrebbe potuto esplodermi in faccia. Significava che dovevo continuare a giocare, e se c'era una cosa che sapevo per certo…
Dovevamo unirci, tutti e quattro, se volevamo avere qualche speranza di districare l’enigma che rappresentava la donna accanto a me, perché era troppo pericolosa per poterla affrontare singolarmente.